martedì 17 maggio 2011

Un esempio dalla Germania


Finalmente una svolta, o meglio, una proposta di svolta che spero verrà presto accolta e presentata anche nel nostro Parlamento.


Nei mesi scorsi, in Germania, il governo ha firmato insieme ai rappresentanti dell’imprenditoria e dei sindacati un fondamentale accordo per rivedere entro il 2013 i principi su cui è basato l’orario lavorativo. 

Si tratta di una novità fondamentale: di fronte al tradizionale conflitto tra famiglia e lavoro, la Germania ha scelto, una volta tanto, di non risolverlo intervenendo sempre e soltanto sul primo fronte (come si continua a proporre dalle nostre parti caldeggiando soluzioni, come l’aumento di asili nido o l’estensione dell’apertura scolastica, che si fondano di fatto sulla delega educativa e affettiva), ma di mettere in discussione il secondo.

Invece di sminuire il tempo da dedicare alla cura di se stessi e dei propri cari, per aumentare quello da investire nella professione, stavolta si rivaluta il primo, per offrire alle persone e alle famiglie la possibilità di occuparsi dei propri bisogni, dei figli e della loro educazione. Invece di premere ancor di più sui già ristretti spazi familiari, incoraggiando le donne a dedicarsi totalmente all’attività professionale, per la prima volta si ha il coraggio esplicito di contestare la rigidità dell’organizzazione e lo sconfinamento degli spazi lavorativi, a beneficio di tutti i lavoratori. 

Non è un caso forse neppure che avvenga in un paese in cui un governo moderato è guidato da una donna, una madre come Angela Merkel, consapevole dei bisogni delle donne e delle madri comuni. Quelle che non aspirano necessariamente alla luna dei consigli di amministrazione, ma che si volentieri guarderebbero a un dito che indicasse loro un modo più semplice, più umano di vivere come desiderano: soddisfatte del loro lavoro, ma circondate allo stesso tempo dei loro affetti.

Prendiamo esempio?

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